venerdì 10 aprile 2020

STEP#06

Letteratura narrativa e Artefatto

Ricerchiamo la visione del concetto principale all'interno di testi letterari tratti da alcuni più famosi autori:
D'annunzio:

L’anno moriva, assai dolcemente. Il sole di San Silvestro spandeva non so che tepor velato, mollissimo, aureo, quasi primaverile, nel ciel di Roma. Tutte le vie erano popolose come nelle domeniche di maggio. Su la Piazza Barberini, su la Piazza di Spagna una moltitudine di vetture passava in corsa traversando; e dalle due piazze il romorìo confuso e continuo, salendo alla Trinità de’ Monti, alla via Sistina, giungeva fin nelle stanze del palazzo Zuccari, attenuato.

Le stanze andavansi empiendo a poco a poco del profumo ch’esalavan ne’ vasi i fiori freschi. Le rose folte e larghe stavano immerse in certe coppe di cristallo che si levavan sottili da una specie di stelo dorato slargandosi in guisa d’un giglio adamantino, a similitudine di quelle che sorgon dietro la Vergine nel tondo di Sandro Botticelli alla galleria Borghese. Nessuna altra forma di coppa eguaglia in eleganza tal forma: i fiori entro quella prigione diafana paion quasi spiritualizzarsi e meglio dare imagine di una religiosa o amorosa offerta.

Oscar Wilde:


E certo per lui la vita stessa era la prima, la più grande delle Arti quella Per cui tutte le altre non erano che un'introduzione. La moda, prendo universali per un momento le cose fantastiche, e l'eleganza che, nel suo genere, è un tentativo di affermare l'assoluta modernità della Bellezza, avevano Naturalmente per lui un loro fascino. Il suo modo di vestire, gli originali atteggiamenti che ogni tanto ostentava avevano una notevole influenza sulla gioventù raffinata che appariva ai balli di Mayfair  o si affacciava alle finestre del club di Pall Mall. Quei giovani lo imitavano in tutto quello che faceva e cercavano di ripetere il fascino distratto delle sue eleganti, e per lui non troppo impegnative, affettazioni. Perché pur prontissimo ad accettare la posizione che gli era stata immediatamente offerta al suo entrare nella maggiore età, e benché sentisse un vero, sottile piacere dell'idea di poter essere, nella Londra del suo tempo, quelle che era stato nella Roma di Nerone l'autore del Satyricon, Tuttavia egli desiderava in cuor suo di essere qualche cosa di più semplice arbiter elegantiarum a cui chiedere consiglio sul modo di portare un gioiello, o di annodarsi la cravatta o di tenere in mano il bastone. Egli cercava di elaborare un nuovo sistema di vita con una sua propria filosofia ragionata e Principi organici, e che trovasse nella spiritualizzazione dei sensi la sua più alta attuazione. L'adorazione dei sensi è stata spesso e con ragione screditata perché gli uomini provano un naturale, istinto terrore per le passioni e le sensazioni che sembrano più forti di loro stessi e che essi sanno di condividere con le meno Nobili forme di esistenza punto Ma pareva a Dorian Gray che la vera natura dei sensi non fosse mai stata compresa, o fosse rimasta selvaggia e bruta solo perché con le sofferenze invece di cercare di farne il motivo di una spiritualità la cui nota dominante fosse un profondo intuito della Bellezza. Se si volgeva a guardare Il cammino dell'uomo nella storia, si sentiva oppresso da un senso di inutile spreco. A quante cose si era rinunciato e con quel misero guadagno! Vi erano stati i fogli volontà rinunciatarie mostruose forme di macerazione e di rinnegamento di sé tutte causate dalla paura e con l'unico risultato di una degradazione infinitamente più terribile di quella cui, nella loro ignoranza, gli uomini avevano cercato fuggire. La natura, nella sua meravigliosa ironia, nutriva l'anacoreta insieme con gli animali selvaggi del deserto e dava come compagni all'eremita le bestie dei campi.

Tratto da: Guida al Novecento, Salvatore Guglielmino
Brano tratto da: O.Wilde il ritratto di Dorian Gray, trad.U. Dettore, B.U.R.

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